Poliziesco di provincia nell’osteria del Cartizze

Rassegna Stampa

27 Dicembre 2013

Il filosofo Raffaelli immagina un intrigo multi trame con personaggi strambi e quotidiani, compresa una pecora. Ma il finale è «rosa».

C’è chi senza oste non riesce a fare un conto e chi, come l’autore di questo libro, riesce a fare un… racconto.
Professore di filosofia, ma anche esperto nel settore del turismo eno-gastronomico, Raffaelli ha scritto un romanzo a più trame, che fonde mondo e coscienza, indagine poliziesca e storia d’amore, cibo e sapienza di vita. Forse è troppo, e infatti qualche momento di affanno tra le righe c’è, ma è meglio avere il respiro instabile che il fiato corto.

Più trame, dicevo, ma legate fra loro. Giovanni Zanca è vice-ispettore di polizia in una cittadina del trevisano e sta per andare in pensione. Vive più con Antonio, l’attendente, che con la moglie Elena, soprattutto per diverse inchieste che proprio ora gli sono capitate fra le mani.

Nello Sartori, carrozziere, ha alle sue dipendenze (si fa per dire perché lavora in nero) Adam, un brasiliano in attesa di permesso di soggiorno, che un po’ più in là nel romanzo simpatizzerà con Chiara, sconclusionata ragazza mai a posto in nessun posto, tanto meno a scuola. All’appello mancano un direttore di banca, il comandante della stazione di Polizia, la moglie del carrozziere, i genitori di Chiara ex universitari (lui redattore televisivo e lei commessa).

Ma il personaggio principale, se così si può dire, è una osteria, una bicocca in cima a una delle colline del posto.
Stagliata tra i celebri vigneti del prosecco di Conegliano (alias «Cartizze»), offre al buon cuore dei turisti sia da mangiare che da bere, fidando nella loro spontanea carità. Di notte, invisibile a tutti, un anziano austro-tedesco in vena di altruismo, Ari, viene a rassettare e a rifornire quel che manca per un altro giorno di generosa filantropia.

Dimenticavo un ulteriore attore su questo eterogeneo palco: un animale, per la precisione una pecora, di proprietà di Nello il carrozziere, che volutamente lasciata libera lungo gli incroci provoca incidenti a tutto vantaggio della ditta. Non sembrerebbe vero, ma 

tout se tient, vale a dire che tutto procede e la vita continua nonostante che tra persone e personaggi del libro, fatti e misfatti e strane storie il lettore ha sempre più voglia di vedere come va a finire il romanzo. Che una vera e propria conclusione non ce l’ha, perché sin dal principio non si è proposto un intrigo, un’indagine, un intreccio che conduca in porto una serie di ipotesi da dimostrare. Il poliziotto ha i suoi sospetti, indaga, inquisisce, si apposta, e in cuor suo ha la soluzione dei furti di arredi sacri, della scomparsa di un anello, di serate di giochi d’azzardo e così via, ma non realizza l’inchiesta per via di superiori insabbiamenti.

Il carrozziere licenzia Abram sospettato come ladro d’anello della moglie e continua nel suo sporco mestiere. Eccetera.
Gli unici a risolvere il loro disegno sono Abram e Chiara, che si mettono insieme per la vita. Il libro è una serie di quadri, autonomi nell’ordito, convergenti nel contenuto: esempi più o meno probi di come vivere per sé e per gli altri.

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